CATARTICA

Per Aristotele la rappresentazione delle passioni umane ha una funzione positiva che definisce catartica. Sul concetto di catarsi ci sono numerose interpretazioni che riguardano il concetto di purificazione delle passioni (rappresentare le passioni togliendo ogni aspetto negativo) o di purificazione dalle passioni (possibilità per l'uomo di liberarsi psicologicamente dal loro peso in seguito alla partecipazione alla scena dell'opera).
L'interpretazione più diffusa è l'ultima e vede nella catarsi la possibilità di alleggerimento e purificazione dello spettatore dalle passioni che lo tormentano nel profondo della sua anima. Vivendo attraverso i sentimenti dei personaggi i propri sentimenti, lo spettatore in qualche modo se ne libera o li attenua neutralizzando così gli aspetti più nocivi.
I principi della catarsi così come elaborati da Aristotele erano conosciuti dagli antichi medici i quali curavano alcune malattie pensando che queste fossero causate da un accumulo irregolare nel corpo di qualche umore (che turbava gli equilibri degli elementi del corpo che garantiscono la salute) cercando di eliminarlo.
Altro concetto di catarsi nel mondo antico invece fa riferimento alla terapia del movimento utilizzata per vincere gli stati nervosi (ad esempio musica e danza).
Il concetto aristotelico di catarsi si basa sul principio secondo cui il rimedio delle passioni non è il contrastarle ma assecondarle. Per questo occorre però che la tragedia sia ben pensata e perfetta nello stile oltre che rispondente ai sani principi dell'etica.
Il poeta dovrà immaginare in anticipo i risultati psicologici che la sua arte avrà sugli spettatori e il loro grado di entusiasmo. Secondo Aristotele sono due le emozioni principali che il poeta può accendere: la paura e la pietà.
Al vero poeta non servono effetti speciali in quanto la sua arma migliore è il pathos che deriva dalla commozione profonda per il dramma dell'esistenza umana.

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