L'ARGOMENTO DEL TERZO UOMO

L' argomento del terzo uomo è un ragionamento critico formulato da Aristotele rivolto ad un particolare aspetto della dottrina platonica delle idee, che mette in discussione la trascendenza di queste ultime rispetto agli enti sensibili.
Proposto per la prima volta dallo stesso Platone nel Parmenide,[1] l'argomento fu poi ripreso da Aristotele per opporsi alla teoria del maestro e contestarne la concezione trascendente delle idee.[
L'esempio portato da Aristotele nel suo rilievo critico è quello di un uomo, da cui il nome dell'argomento. Egli obiettò che, secondo la teoria platonica, tutti gli uomini del mondo sensibile sono tali perché partecipano dell'Idea di Uomo, perfetta in sé, ma separata rispetto a quei singoli uomini.Nonostante una tale separazione, tuttavia, vi deve pur essere un legame, o elemento in comune, in base al quale quegli uomini particolari siano effettivamente partecipi del loro Ideale corrispondente, altrimenti non vi parteciperebbero affatto. Proprio l'idea del «terzo uomo» rappresenta dunque tutto ciò che vi è in comune tra gli uomini sensibili e l'Uomo ideale. Ma a questo punto, anche il terzo uomo si troverebbe separato dall'Idea, e vi sarebbe bisogno di un ulteriore elemento che ne rappresenti gli aspetti in comune, poi un altro ancora, e così via all'infinito. Si parla pertanto in questo caso di "regresso all'infinito".
Aristotele conclude che una tale moltiplicazione degli enti rivela l'inefficacia della teoria che postuli una separazione tra gli individui corporei e le loro Idee corrispondenti. Ogni realtà deve piuttosto avere in se stessa, e non in cielo, le ragioni del proprio costituirsi

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