EMPEDOCLE
Empedocle di Agrigento viene presentato dalla tradizione come poeta, medico, taumaturgo (cioè capace di compere prodigi e miracoli) e mago. Nel poema "Sulla Natura" Empedocle descrive la nascita dell'universo a partire dalla situazione originaria di una totalità indifferenziata, lo sfero, in cui si mescolano e confondono il fuoco, l'acqua, la terra e l'aria, che rappresentano le "quattro radici", cioè i quattro elementi primordiali.
Tali principi sono eterni, immutabili e identici a se stessi, come l'essere di Parmenide. Ciascuno di essi può essere suddiviso in parti più piccole, ma ogni particella così ottenuta conserverà sempre necessariamente la medesima qualità che aveva all'interno.
Egli ipotizza che vi siano due forze cosmiche, l'amore e l'odio, le quali presiedono rispettivamente all'unione e alla separazione dei principi originari. Tali forze determinano la generazione e la dissoluzione di tutte le cose. Le differenze che si riscontrano nell'universo dipendono poi dalle svariate possibilità di combinazione e di aggregazione. Se il principio degli ionici si trasformava qualitativamente nel dare vita agli oggetti della realtà, per Empedocle la nascita e la morte, attestate dall'esperienza dei sensi, sono da attribuire alla mescolanza e alla separazione di elementi originari che rimangono qualitativamente inalterabili e instrasformabili.
Ora l'azione delle forze cosmiche è continua ed esse si avvicendano costantemente, cossichè a un ciclo di disgregazione dominato dalla contesa ne segue sempre un altro di riaggregazione presieduto da amore, in cui il mondo ritorna a essere perfettamente unito nello sfero, dominato dall'armonia, privo di conflitti, senza distinzione di parti. L'universo quale noi lo conosciamo e le singole realtà individuali possono esistere soltanto negli stadi intermedi, ossia quando non vi è né una completa separazione né completa fusione degli elementi. Possiamo dire che l'esistenza per Empedocle costituisca il momento intermedio, bensì la tensione tra i due estremi.
Tali principi sono eterni, immutabili e identici a se stessi, come l'essere di Parmenide. Ciascuno di essi può essere suddiviso in parti più piccole, ma ogni particella così ottenuta conserverà sempre necessariamente la medesima qualità che aveva all'interno.
Egli ipotizza che vi siano due forze cosmiche, l'amore e l'odio, le quali presiedono rispettivamente all'unione e alla separazione dei principi originari. Tali forze determinano la generazione e la dissoluzione di tutte le cose. Le differenze che si riscontrano nell'universo dipendono poi dalle svariate possibilità di combinazione e di aggregazione. Se il principio degli ionici si trasformava qualitativamente nel dare vita agli oggetti della realtà, per Empedocle la nascita e la morte, attestate dall'esperienza dei sensi, sono da attribuire alla mescolanza e alla separazione di elementi originari che rimangono qualitativamente inalterabili e instrasformabili.
Ora l'azione delle forze cosmiche è continua ed esse si avvicendano costantemente, cossichè a un ciclo di disgregazione dominato dalla contesa ne segue sempre un altro di riaggregazione presieduto da amore, in cui il mondo ritorna a essere perfettamente unito nello sfero, dominato dall'armonia, privo di conflitti, senza distinzione di parti. L'universo quale noi lo conosciamo e le singole realtà individuali possono esistere soltanto negli stadi intermedi, ossia quando non vi è né una completa separazione né completa fusione degli elementi. Possiamo dire che l'esistenza per Empedocle costituisca il momento intermedio, bensì la tensione tra i due estremi.
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